Al via la PEC gratuita per i cittadini: luci e ombre del provvedimento.

aprile 27, 2010

I recenti interventi del Legislatore fanno capire che la posta elettronica certificata sarà il mezzo di comunicazione principale nel nostro prossimo futuro. I professionisti, le Pubbliche Amministrazioni, le società sono (o lo saranno entro breve) tenute ad attivare e ad utilizzare un indirizzo certificato. Il motivo è evidente: la PEC consente di ottenere un’efficienza superiore alla tradizionale posta cartacea e, aspetto fondamentale in tempi di ristrettezze economiche, di abbattere i costi in maniera drastica.

Resta un’ultima barriera da abbattere: la diffusione delle caselle certificate. Il sistema su cui si basa la PEC, infatti, pur consentendo di comunicare con indirizzi mail ordinari, fornisce i suoi vantaggi solo quando si invia un messaggio da una casella certificata ad un’altra ugualmente certificata. Solo in quest’ipotesi, infatti, si avrà la certezza dell’invio e della consegna (non della ricezione, si badi bene) del messaggio.

Il D.P.C.M. 6 maggio 2009 garantisce la possibilità per tutti i cittadini che ne facciano richiesta di ottenere una casella di posta certificata gratuita, in modo da accelerare il processo di diffusione dell’e-government. Si vuole ottenere in questo modo la copertura anche di quella fascia di persone non coinvolte dalle norme anzidette e che, ricordiamolo, sono di gran lunga la maggioranza della popolazione.

Sino ad oggi esistevano solo un paio di iniziative pilota. I cittadini che volevano richiedere l’indirizzo certificato potevano rivolgersi a:

  • Automobile Club d’Italia
  • INPS

Da oggi, invece, per i cittadini che vorranno attivare il servizio di posta certificata sarà sufficiente collegarsi al portale istituzionale www.postacertificata.gov.it e seguire la procedura guidata che consente di presentare la richiesta. Il passo successivo consiste nel recarsi presso uno degli Uffici postali abilitati (circa seimila su tutto il territorio nazionale) per l’identificazione e la firma sul modulo di adesione. Allo sportello, ci si dovrà presentare muniti di documento d’identità e codice fiscale e di una fotocopia di entrambi i documenti da consegnare all’ufficio postale.

Nonostante i proclami e il battage pubblicitario, esiste però anche un rovescio della medaglia da sottolineare: per il cittadino richiedere una PEC rappresenta l’esplicita accettazione dell’invio, sempre tramite PEC, da parte delle Pubbliche Amministrazioni di tutti i provvedimenti e gli atti che lo riguardano. Si tratta, quindi, di una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto alla disciplina previgente: il Codice dell’Amministrazione Digitale, infatti, prevedeva che la Pec potesse essere utilizzata solo con l’esplicito consenso del Cittadino.

In un prossimo futuro, quindi, le P.A. informatizzate potranno inviare tutte le comunicazioni e le notifiche (anche quelle “non piacevoli”, come ad esempio le contravvenzioni per violazione del Codice della Strada…) tramite PEC, e sarà onere del cittadino diventare parte diligente nel controllare costantemente la propria casella dato che, ad esempio, gli eventuali termini per impugnare decorrono a partire dalla consegna del messaggio e non dalla effettiva lettura dello stesso.

E con la PEC, è bene ricordarlo, non potranno esserci casi di “mancata consegna” così come avviene, invece, per le raccomandate cartacee. Viene meno, così, la  procedura di mancata consegna e giacenza delle raccomandate, che costitutivano una sorta di “cuscinetto” per il cittadino.


Web 2.0. Chi è responsabile per i commenti degli utenti?

aprile 9, 2010

Il web 2.0 si caratterizza per il particolare rapporto che si instaura tra chi gestisce un blog e un forum e chi lo frequenta. L’utente, infatti, non è più semplice e mero fruitore, bensì è anche un creatore di contenuti. Il contenuto di un blog, ad esempio, è costituito tanto dai post del blogger quanto dai commenti dei visitatori.

Dal punto di vista pratico questo è un concetto talmente banale da non necessitare di nessuna spiegazione ulteriore. Dal punto di vista legale, invece, la questione non è così scontata.

Il problema che più volte si è presentato è quello di stabilire chi è responsabile per gli eventuali commenti diffamatori inseriti nei blog o nei forum.

In prima battuta sarà chiamato a rispondere penalmente chi ha materialmente scritto i commenti offensivi: su internet, infatti, si applicano le norme del Codice penale, anche se molti internauti sembrano non rendersene conto. A questo proposito l’unico problema sarà quello di risalire all’identità dell’utente (questione su cui ritornerò in un prossimo articolo).

Ma chi gestisce il blog (o il forum) è in qualche modo responsabile dei commenti che vengono postati da altre persone?

La materia è controversa ma non è nuova nei tribunali italiani. Si tratta di stabilire, in altre parole, se è possibile estendere a queste realtà la disciplina prevista in materia di stampa, equiparando la figura del gestore del blog (o del forum) a quella del direttore responsabile di un giornale. Nel caso in cui venga pubblicato su di un giornale un articolo diffamante, il direttore ne risponde, infatti, a titolo di colpa, che consiste nel mancato esercizio sul contenuto della rivista del controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione vengano commessi reati.

Ma tutti i blog sono da intendersi come “giornali telematici”? Ovviamente no, anche se in materia la confusione è tanta, anche e soprattutto a livello normativo. Si pensi, ad esempio, alla famigerata legge 62 del 2001 che con la sua definizione di “prodotto editoriale” (prodotto realizzato sul supporto cartaceo, ivi compreso libro o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici ) ha dato adito alle interpretazioni più fantasiose.

Celebre (e contestatissima…) è la sentenza del Tribunale di Aosta del 26 maggio 2006 che ha sancito che la posizione del gestore di un “blog” è identica a quella di un direttore responsabile di una testata giornalistica stampata, con la conseguenza che egli risponde anche degli interventi diffamanti pubblicati sul sito internet, posto che ha il totale controllo di quanto viene inserito e, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi.

Di altro senso, invece, è la sentenza n. 10535 del 11 dicembre 2008 della Cassazione, e relativa a degli interventi offensivi della religione cattolica postati in un forum. “Gli interventi dei partecipanti al forum in questione” sostiene la Suprema Corte “non possono essere fatti rientrare nell’ambito della nozione di stampa, neppure nel significato più esteso ricavabile dalla L. 7 marzo 2001, n. 62, art. 1, che ha esteso l’applicabilità delle disposizioni di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 2 (legge sulla stampa) al “prodotto editoriale”, stabilendo che per tale, ai fini della legge stessa, deve intendersi anche il “prodotto realizzato… su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico”. Il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica.

Non può farsi derivare che i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero (newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei, e così via) possano, tutti in blocco, solo perchè tali, essere inclusi nel concetto di stampa ai sensi dell’art. 21 Cost., comma 3, prescindendo dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi.”

Con tale sentenza, quindi, la Cassazione dimostra, a differenza del Legislatore e del Tribunale di Aosta, di aver colto le peculiarità della rete, negando la possibilità di applicare indistintamente ad Internet tutta la normativa in materia di stampa.